Come funziona la fatturazione elettronica?

In questo articolo andremo ad affrontare il tema di come funziona la fatturazione elettronica, uno strumento che diventerà di fondamentale importanza per digitalizzare i processi di business e non sarà, come tanti pensano, solamente uno scambio di documenti tra pubblica amministrazione e aziende private. In Italia l’introduzione della fatturazione elettronica obbligatoria ha di fatto rappresentato una discontinuità non indifferente negli ultimi anni per pubbliche amministrazioni, liberi professionisti, imprese e studi professionali. In special modo per le organizzazioni di tipo più strutturato, l’utilizzo di piattaforme e di nuovi procedimenti per una corretta gestione delle fatture elettroniche ha di fatto comportato il primo grande passo verso la digitalizzazione dei processi. L’obbligo di dover conformare uno dei procedimenti interni più complessi ha consentito a molti di poter toccare con mano i numerosi benefici che derivano dalla dematerializzazione, si è così andato a creare una sorta di circolo virtuoso che gradualmente sta estendendo questi vantaggi a molti degli altri compiti che si muovono sulla catena del valore. Ma esattamente in cosa consiste la fatturazione elettronica, come funziona e quali sono gli strumenti necessari per utilizzarla nel modo corretto? Fatturazione elettronica: cos’è e a cosa serve Partiamo quindi con lo spiegare cos’è la fatturazione elettronica, vedremo poi a cosa serve nel concreto. Possiamo definire la fatturazione elettronica come un insieme di tecnologie, processi e strumenti che ci consentono di ricevere, emettere e registrare documenti di tipo commerciale, per essere più specifici storni e fatture, in formato digitale, quindi senza utilizzare carta, archivi fisici e servizi di spedizione. La creazione dei documenti avviene direttamente su dispositivi elettronici, quindi smartphone, PC o qualsiasi altro device, a patto che ci sia un collegamento internet, attraverso moduli funzionali o programmi appositi integrati nella suite di produttività oppure nei gestionali ERP. Il documento viene quindi trasmesso attraverso linguaggio digitale al destinatario che dopo averlo visionato può salvarlo direttamente nel proprio database senza doverlo stampare. In Italia ogni fattura elettronica viene compilata usando il formato XML, che le consente di passare dal Sistema di Interscambio, SDI, una piattaforma che l’Agenzia delle Entrate gestisce direttamente e che è in grado di registrare ogni flusso commerciale attivo tra le aziende private e tra pubblica amministrazione e imprese. La ricezione e l’invio di documenti di acquisto e di vendita è quindi mediata e, per poter accedere allo SDI è indispensabile ricorrere a un provider. L’obiettivo generale della fatturazione elettronica è quindi quello di semplificare le procedure dei rapporti economici tra soggetti privati e pubblici al fine di ottenere trasparenza, monitorare, rendicontare la spesa pubblica e ottenere un controllo efficace del valore che generano le imprese ai fini fiscali. Inoltre, la fatturazione elettronica rappresenta un importante settore di sviluppo tra quelli tenuti in considerazione dall’Agenzia Digitale, sia italiana che europea e, come già detto, gioca un ruolo essenziale nella trasformazione digitale delle organizzazioni. Per chi è obbligatoria la fatturazione elettronica? In Italia la fatturazione elettronica è stata introdotta gradualmente a partire dal 6/06/2014. A partire da questa data, infatti, chiunque forniva prestazioni ad agenzie fiscali, enti nazionali di assistenza e previdenza sociale e ministeri doveva utilizzare il formato digitale, iniziando a gettare le basi a un cambiamento che nel giro di poco tempo è stato preso in considerazione da altri soggetti economici. Dal 1/01/2019 la fattura elettronica diventa obbligatoria anche tra privati, in caso di prestazioni di servizi o cessione di beni tra soggetti stabiliti o residenti in Italia. Per i contribuenti che utilizzavano il regime forfettario l’obbligo è scattato l’01/07/2022, sono esentati fino al 01/01/2024 solo quei soggetti che l’anno precedente ha avuto compensi o ricavi non superiori ai 25.000 euro. Fatturazione elettronica: dove si fa, modalità e software Come già anticipato, per poter compilare una fattura elettronica è necessario avere un software che svolga la funzione di interfaccia con l’SDI. Tranquilli, niente di complicato, solitamente se si è in possesso di Partita Iva basta rivolgersi al proprio commercialista che solitamente mette a disposizione di tutti i suoi clienti la medesima piattaforma utilizzata dallo studio. Sarà quindi sufficiente fare il download, oppure utilizzarlo attraverso il browser web, e sarà possibile fin da subito ricevere e inviare fatture in formato elettronico dal proprio PC. L’alternativa è quella di rivolgersi ad alcuni provider certificati che danno la possibilità di avere strumenti su misura con la modalità Pay-Per-Use, cioè con canoni che si basano sul volume effettivo di documenti lavorati dalla piattaforma. Fatturazione elettronica semplificata: codice SDI Uno dei vantaggi offerti dall’SDI è quello di essere certi di inviare il documento corretto ad ogni destinatario. Ogni trasmissione è di fatto univoca e basata sull’utilizzo di codici, ognuno dei quali identifica un soggetto privato o una pubblica amministrazione. In realtà i codici riconosciuti dal Sistema di Interscambio sono due. Il primo è il CUU, Codice Univoco d’Ufficio, anche detto IPA, Indice Pubblica Amministrazione. Il CUU permette all’SDI l’individuazione dell’ente pubblico o ufficio nello specifico al quale è destinato il documento. Per sapere il CUU al quale inviare la fattura elettronica basta andare sul portale IPA dove si trovano tutte le informazioni riguardanti le varie istituzioni locali o centrali come PEC, dominio digitale e appunto il CUU. Il secondo viene chiamato codice destinatario, ha la stessa identica funzione del primo ma è riservato alla fatturazione di tipo B2B, cioè che avviene tra soggetti di tipo privato. L’unica piccola differenza tra questi due codici sta nel numero di caratteri, il CUU ne prevede sei, mentre il codice destinatario ne ha sette. Mini guida su come funziona e come fare una fattura elettronica Dopo aver visto le informazioni necessarie a comprendere cos’è e come funziona la fatturazione elettronica passiamo alla pratica. Come si compila una fattura elettronica? Se la compilazione avviene manualmente la procedura non è differente dal metodo tradizionale. Basterà aprire l’anagrafica cliente, selezionare l’ente privato o pubblico oppure l’azienda a cui si deve inviare la fattura. Il gestionale in automatico accederà a tutti i dati precedentemente caricati e metterà in evidenza tutte le informazioni del contatto prescelto a partire, se si tratta di fatture B2B o B2G, con

Whistleblowing: cos’è e perché è importante

Il whistleblowing è la segnalazione di attività illecite o irregolarità sul luogo di lavoro, fatta da un dipendente o collaboratore che vuole far emergere problemi di interesse pubblico o violazioni al codice etico aziendale. In particolare, il whistleblower è colui che riferisce a figure competenti all’interno dell’organizzazione (es. compliance officer, internal audit) oppure anche ad autorità esterne, condotte che rappresentano un rischio o un danno per l’integrità dell’ente. Lo scopo di questa pratica è quello di favorire la trasparenza e la legalità, consentendo di portare alla luce situazioni critiche che potrebbero non emergere altrimenti. Per questo molti paesi stanno cercando di regolamentare e proteggere legalmente questa pratica, evitando che chi segnala subisca ritorsioni ingiuste. Il whistleblowing in Italia è attualmente un tema scottante e di grande attualità. La recente direttiva europea 2019/1937 impone a tutti gli Stati membri di dotarsi di una legislazione adeguata a proteggere chi segnala illeciti sul posto di lavoro. Senza contare che un efficace sistema di whistleblowing porta enormi benefici alle aziende, ai lavoratori e alla società. Proteggere chi segnala irregolarità in buona fede è fondamentale per far emergere situazioni critiche che altrimenti resterebbero nascoste. In poche parole, dotarsi di procedure adeguate conviene a tutti. Vediamo cosa prevede la normativa, quali sono i rischi del ritardo italiano, e soprattutto cosa puoi fare per contribuire ad un cambiamento culturale su un tema così delicato e importante. La direttiva UE 2019/1937 La direttiva citata nel titolo del paragrafo, sulla protezione dei whistleblower è entrata in vigore nel dicembre 2019. Gli Stati membri avevano tempo fino al 2021 per recepirla all’interno delle rispettive legislazioni nazionali. L’Italia si è mossa con un certo ritardo, ma da luglio 2023 ha finalmente introdotto delle regole in materia, per le aziende a partire da 50 dipendenti. Questo passaggio è fondamentale e strategico: garantire un ambiente di lavoro trasparente e sicuro conviene prima di tutto a te e al tuo business. Proteggere i dati personali di chi segnala La direttiva UE richiede massima attenzione alla protezione dei dati personali di chi segnala irregolarità. Come azienda, devi garantire la massima riservatezza su identità e contenuto delle segnalazioni ricevute. In Italia, il Garante per la privacy ha già cominciato a sanzionare duramente le aziende che violano la privacy di segnalatori e segnalazioni con multe piuttosto salate.  Quindi fai molta attenzione a gestire questi dati con protocolli sicuri e criptati. Scegli un software whistleblowing che protegga l’anonimato end-to-end. Non mettere a rischio la tua azienda con comportamenti superficiali su un tema così delicato. Pianificare adeguatamente l’implementazione Non puoi improvvisare su una materia complessa come questa. Devi pianificare con cura l’introduzione di nuove procedure e sistemi di segnalazione interni. Innanzitutto, forma adeguatamente il personale coinvolto nella gestione delle segnalazioni. Poi, prevedi una campagna informativa per i dipendenti, spiegando con chiarezza il funzionamento del sistema e le garanzie offerte. Infine, monitora attentamente l’utilizzo della piattaforma, intervenendo prontamente se emergono criticità o dubbi. Ricorda: un sistema whistleblowing mal gestito può generare sfiducia e diffidenza tra i lavoratori. Cambiare mentalità sulla cultura della segnalazione Per introdurre in azienda un sistema di whistleblowing efficace, si deve prima procedere con un cambiamento culturale, devi favorire attivamente una nuova mentalità, che consideri il segnalare irregolarità non più come un tradimento ma come un dovere civico. Devi promuovere valori come trasparenza, integrità e senso di responsabilità tra i tuoi dipendenti. Devi far capire che la segnalazione è uno strumento di tutela dell’azienda stessa, non un attacco personale. Insomma, il tuo compito è creare un ambiente psicologicamente sicuro per chi vuole parlare. Il successo di questo sistema dipende in gran parte da questo cambiamento culturale. Quindi dedicaci tempo e impegno fin da subito. Benefici di un sistema efficace Introdurre un sistema efficiente e ben gestito porta enormi benefici all’azienda. Insomma: proteggere chi segnala conviene sotto tutti i punti di vista. Piattaforme per la gestione del whistleblowing Per gestire in modo efficace le segnalazioni, devi dotarti di uno strumento tecnologico adeguato. La soluzione migliore è scegliere una piattaforma whistleblowing sviluppata da un fornitore qualificato e con esperienza specifica. Evita soluzioni improvvisate o fai-da-te. Affidati a specialisti del settore, che sapranno consigliarti la migliore configurazione in base alle tue esigenze specifiche. È un investimento importante che ti proteggerà nel lungo periodo. Puntare sulla piena conformità Quando implementi un sistema di whistleblowing è fondamentale garantire la piena conformità a tutti i requisiti normativi previsti dalla direttiva UE. Devi assicurarti che la piattaforma prescelta sia stata progettata specificamente per rispettare ogni dettaglio richiesto dalle nuove regole europee. Non accontentarti di soluzioni generiche o parziali. La conformità totale è garanzia di tutela legale per te e per l’azienda. Inoltre, ti mette al riparo da possibili sanzioni delle autorità di controllo. Insomma, meglio prevenire che curare! Se la tua azienda ha una struttura articolata, con diverse società controllate o collegate, è naturalmente necessario estendere il sistema whistleblowing a tutti i soggetti giuridici del gruppo. Oltre a diffondere la cultura dell’integrità in tutta l’organizzazione, accentrerai la gestione delle segnalazioni, con benefici in termini di efficienza, costi e sicurezza. Insomma, un’implementazione a livello di gruppo è la scelta migliore. In sintesi, l’introduzione di un sistema whistleblowing efficace e conforme alla normativa richiede impegno ma porta enormi vantaggi a lungo termine.

Che cos’è il modello dell’employee lifecycle e come può aiutarti a gestire meglio le risorse umane

Da sempre, creare contesto positivo che valorizzi le singole qualità di un dipendente è la chiave per aumentare la sua produttività e la fedeltà a quella determinata azienda: questo è un principio cardine dei professionisti delle risorse umane, i quali considerano i dipendenti non solo come uomini o forza-lavoro, ma come delle vere e proprie risorse da coltivare durante il loro ciclo di vita lavorativa. Per questo motivo, negli ultimi anni, si è consolidato un modello finalizzato proprio al raggiungimento di questo scopo: esso prende il nome di Employee Life Cycle (ELC). Employee Life Cycle: di cosa si tratta? Innanzitutto, è opportuno chiarire l’esatta definizione del modello Employee Life Cycle: esso non è altro che uno strumento volto a tracciare la cosiddetta vita lavorativa di un dipendente, nonché il suo gradimento in base alla sua Employee Experience. Ovviamente, la maggior parte delle aziende che si rispettino fanno di tutto per garantire ad ogni dipendente un coinvolgimento pressoché totale in tutte la attività aziendali e in quella che è la cultura dell’azienda, in modo tale da far sì che egli possa esprimere tutto il suo potenziale incanalandolo nelle attività produttive. È proprio qui che l’ELC interviene, mappando questo percorso e evidenziando eventuali problematiche occorse al dipendente, le diverse opportunità di crescita rimaste ancora inespresse e il suo impatto emotivo su eventuali cambiamenti aziendali effettuati. Inoltre, il modello Employee Life Cycle mira anche a capire quanto effettivo impegno il dipendente metta nelle sue attività lavorative o quanto si senta coinvolto nel contesto aziendale. Insomma, l’ELC è una sorta di mappa che delinea il percorso di vita lavorativa del singolo dipendente, strumento utilissimo per la gestione delle risorse umane. Employee Life Cycle: il funzionamento e l’importanza di investirci Dietro al modello ELC vi è un principio molto semplice ma al contempo fondamentale: il bagaglio di esperienza costruito negli anni dal dipendente ha il medesimo valore di quello del cliente che si rivolge a tale azienda. Ciò vuol dire che avere la stessa cura per migliorare il più possibile l’Employee Experience di quella che si dimostra nel favorire la Customer Experience dei clienti maggiormente fidelizzati si traduce in un incredibile aumento delle possibilità che il dipendente possa sentirsi coccolato e apprezzato nel contesto lavorativo, autostrada a quattro corsie verso l’espressione del suo massimo potenziale. A cosa porta un modello ELC ben costruito? Sicuramente ad una drastica riduzione del turnover, dato che i talenti migliori di un’azienda saranno portati a non abbandonarla tanto facilmente ma a creare con essa un rapporto di lavoro ben saldo e duraturo. Inoltre, anche l’immagine stessa dell’azienda verrà migliorata, dato che il trattamento riservato ai dipendenti grazie all’Employee Life Cycle si distinguerà dai competitors e potrà spingere altri lavoratori ad unirsi al personale. Senza ombra di dubbio, costruire una reputazione che venga notata dal pubblico è un’operazione molto complessa e delicata: ecco perché i professionisti delle risorse umane iniziano a ricorrere all’Employee Life Cycle puntando dapprima sui talenti che sono già parte dell’organico aziendale. Più un dipendente è soddisfatto, maggiori saranno le possibilità che in futuro dimostrerà lealtà all’azienda: questo potrebbe rendere tale dipendente un promoter interno all’azienda, una risorsa in grado di richiamare altri talenti ad associarsi allo staff. Questo processo, a lungo andare, potrebbe rendere superfluo acquisire nuove risorse necessitanti di un periodo di formazione e di un più o meno lungo lasso di tempo prima di esprimere il loro potenziale: il talento si trova già in casa ed è pronto per essere utilizzato come una risorsa preziosissima. Le fasi della vita lavorativa di un dipendente Il modello dell’Employee Life Cycle considera la vita lavorativa di un dipendente come un insieme di 7 fasi ben delineate, ognuna delle quali prevede delle sessioni a cadenza regolare di feedback col dipendente, finalizzate ad acquisire informazioni sul suo grado di soddisfazione e sulla fedeltà all’azienda.Esaminiamo ciascuna fase in modo dettagliato e approfondito! Fase 1: Attraction Marketing La prima fase è quella dell’Attraction Marketing: di cosa si tratta? Sostanzialmente di un insieme di operazioni finalizzate a rendere il brand aziendale non solamente noto ai più, ma anche particolarmente attraente per altre risorse umane. La cosiddetta Brand Attraction, ossia il potere attrattivo dell’azienda in questione, è al giorno d’oggi un parametro fondamentale per richiamare i migliori talenti nel proprio personale. Configurarsi come un’azienda capace di elargire benefit al salario o extra ad ogni singolo dipendente è senza dubbio la chiave per costruire la giusta immagine dell’azienda al pubblico e per attirare i migliori talenti non ancora espressi. Fase 2: Assunzione La costruzione del marchio aziendale non passa solamente dalla Brand Attraction, ma anche dalle modalità di assunzione utilizzate. Integrare nel già esistente personale aziendale delle nuove risorse umane dovrebbe essere un processo studiato e pianificato nel minimo dettaglio, dal modo in cui si scrive l’annuncio di lavoro al metodo di pubblicazione scelto. In questo, la cura del proprio sito web ufficiale è una delle chiavi per attirare i migliori talenti verso la propria azienda. In linea generale, tutto ciò che abbiamo descritto finora prende il nome di Employee Value Proposition, un modello che descrive un lavoro stimolante per il dipendente, un marchio aziendale dall’enorme potere attrattivo, una ricompensa salariale dotata di extra e benefits, un personale qualificato ma amichevole e numerose opzioni per gli scatti in carriera. Fase 3: Inserimento in azienda La semplice assunzione di una nuova risorsa umana non basta: è fondamentale agevolare il più possibile il suo inserimento in azienda per fargli esprimere tutto il suo potenziale. Per questo, i professionisti delle risorse umane focalizzano la loro attenzione sui primissimi giorni del nuovo dipendente, sulle prime settimane o, a volte, sui primi 6 mesi di lavoro. L’inserimento e la formazione della nuova risorsa devono essere altamente efficaci: ciò è possibile solo se si accompagna il dipendente durante le sue prime settimane di lavoro fino a quando egli non abbia instaurato un certo rapporto di confidenza con gli attrezzi del mestiere e fino a che egli non abbia costruito delle relazioni interpersonali importanti con gli altri elementi dello staff. Fase

Cosa sono le competenze trasversali (e perché è importante che i dipendenti le possiedano)

Le competenze trasversali, meglio conosciute come soft skills, rappresentano un elemento fondamentale nella differenziazione in campo lavorativo dei dipendenti. Si tratta di competenze che possono influenzare il successo di lavoratori e imprese. La transizione verso il digitale, poi, ha reso ancora più evidente e determinante il ruolo delle competenze trasversali. Per le aziende, il percorso verso una completa digitalizzazione non passa solamente attraverso le tecnologie, ma necessita anche di capacità di negoziazione, di relazione e di guida. Quest’ultimi aspetti, infatti, sono ancora più determinanti, perché alla base della trasformazione digitale c’è quella culturale. Le soft skills, quindi, rappresentano la spinta verso la digital transformation e in questo articolo analizzeremo, nello specifico, le loro caratteristiche principali e l’importanza, per i dipendenti, di possedere tali abilità. Quali sono le peculiarità delle competenze trasversali? Le soft skills rappresentano un insieme di tratti che compongono la personalità di una persona. Se le competenze tecniche si basano sulle informazioni e le conoscenze che si acquisiscono nel corso degli anni al fine di eseguire e portare a termine compiti differenti, le abilità trasversali si riferiscono agli atteggiamenti e alle abitudini che una persona assume quando si trova di fronte a varie situazioni all’interno del luogo di lavoro. Le aziende, a tal proposito, hanno alte aspettative e pretendono che i loro dipendenti, o coloro che si candidano a esserlo, possiedano delle caratteristiche personali forti e radicate. Ciò permette ai datori di lavoro di limitare l’impiego di risorse interne da destinare alla formazione, mentre i dipendenti faranno meno fatica nell’adattarsi al nuovo contesto lavorativo. Perché e quanto sono determinanti le soft skills nel mondo del lavoro? Le soft skills consentono a chi si occupa di recruiting di comprendere quanto un nuovo candidato sia adatto alla posizione ricercata all’interno dell’azienda. In alcuni contesti lavorativi, le competenze trasversali superano, per importanza, anche le informazioni contenute all’interno del Curriculum Vitae, di una lettera di presentazione o l’esito di un colloquio. Una delle capacità che un’azienda ricerca maggiormente in una persona da assumere, e che fa parte delle abilità trasversali, è la comunicazione. Saper comunicare in maniera eccellente e con successo con gli altri membri del team aziendale e con i manager significa riuscire a dare il proprio apporto in maniera efficace, contribuendo in modo determinante al successo di una realtà aziendale e del suo business. Sono così importanti, che le soft skills vengono ormai regolarmente inserite all’interno degli annunci di lavoro pubblicati dalle aziende. I candidati, infatti, hanno ormai compreso come sia determinante aggiungere tali informazioni nel loro CV ed elencarle durante un colloquio. A parità di formazione e di esperienza, un candidato può fare la differenza dimostrando di possedere le competenze trasversali che un’azienda sta cercando. Il ruolo determinante delle competenze trasversali per i datori di lavoro: perché possono fare la differenza? In piena era di trasformazione digitale, i datori di lavoro sono coscienti dell’importanza e del vantaggio di avere nel loro team dei dipendenti che dimostrano di possedere capacità di gestione di condizioni particolarmente delicate e di alta pressione. Una persona con queste caratteristiche, infatti, tende ad adattarsi molto più velocemente e facilmente a tutte le condizioni di lavoro, rispetto al resto dei dipendenti. Questo aspetto, come si accennava in precedenza, determina anche un beneficio economico per il datore di lavoro. Le aziende, infatti, risparmiano tempo e denaro da dedicare alla formazione di un neo assunto. Le soft skills e il loro ruolo chiave nell’ambito lavorativo: quali sono quelle più importanti? Appurato che le abilità trasversali rappresentano un vantaggio determinante sia per aziende che dipendenti, è lecito chiedersi quali siano le soft skills più importanti, che ogni dipendente dovrebbe imparare a padroneggiare per migliorare il proprio ruolo all’interno del contesto lavorativo o per agevolare il successo di ricerca di occupazione. Fatta questa doverosa premessa, analizziamo nel dettaglio quelle che vengono considerate, all’unanimità, le soft skills più determinanti. Comunicazione Riuscire a comunicare in modo efficace fa la differenza, sia nella vita di tutti giorni che sul posto di lavoro, dove si affrontano situazioni sempre diverse tra loro. Questa competenza, poi, è determinante anche durante la fase di ricerca di un posto di lavoro. Per riuscire a migliorare questa soft skills, occorre padroneggiare al meglio l’ascolto attivo, la fiducia e la risoluzione dei conflitti. Risoluzione dei problemi Tale abilità è una delle più apprezzate dai datori di lavoro e consente di distinguere quei dipendenti che sanno mettere in campo, in modo rapido ed efficace, le loro competenze e le conoscenze. Per svilupparla bisogna saper gestire al meglio il rischio e migliorare l’abilità di ricerca. Creatività I dipendenti dotati di una grande creatività, riescono a trovare sempre modi alternativi per portare a termine un compito, sviluppando anche nuove soluzioni per l’azienda. Chi vuole accrescere questa competenza deve dare sfogo alla curiosità, aprire la mente e spingersi a imparare dagli altri. Adattabilità Il mondo attuale e la trasformazione digitale ci pongono di fronte a continue evoluzioni. Negli ultimi anni, le aziende di tutto il mondo hanno dovuto affrontare cambiamenti epocali e radicali. Riuscire a raggiungere il successo, in questi casi, richiede il supporto di dipendenti dotati di competenza di adattamento ai cambiamenti. Etica del lavoro Le aziende gradiscono sempre collaborare con lavoratori dotati di una spiccata etica del lavoro, che siano aperti a imparare e siano caratterizzati da motivazione. Saper svolgere i compiti assegnati in modo rapido ed efficace apre le porte alla creazione di un rapporto positivo con il datore di lavoro e con i colleghi, anche quando non si è raggiunto il massimo della competenza tecnica. Per sviluppare al meglio questa abilità trasversale bisogna stare attenti ai dettagli ed essere tenaci. Competenze trasversali e formazione continua: perché è importante incentivarla?Per incoraggiare i dipendenti a intraprendere un percorso di potenziamento o di apprendimento delle soft skills, gli incentivi assumono un ruolo determinante. Negli ultimi anni, moltissime imprese hanno implementato dei premi con l’obiettivo di spingere i dipendenti a investire ulteriormente nell’accrescimento delle soft skills. Ma questo approccio, da solo, non è sufficiente. Infatti, una riqualificazione efficace delle abilità trasversali necessita di