Che cos’è il modello dell’employee lifecycle e come può aiutarti a gestire meglio le risorse umane

Da sempre, creare contesto positivo che valorizzi le singole qualità di un dipendente è la chiave per aumentare la sua produttività e la fedeltà a quella determinata azienda: questo è un principio cardine dei professionisti delle risorse umane, i quali considerano i dipendenti non solo come uomini o forza-lavoro, ma come delle vere e proprie risorse da coltivare durante il loro ciclo di vita lavorativa. Per questo motivo, negli ultimi anni, si è consolidato un modello finalizzato proprio al raggiungimento di questo scopo: esso prende il nome di Employee Life Cycle (ELC). Employee Life Cycle: di cosa si tratta? Innanzitutto, è opportuno chiarire l’esatta definizione del modello Employee Life Cycle: esso non è altro che uno strumento volto a tracciare la cosiddetta vita lavorativa di un dipendente, nonché il suo gradimento in base alla sua Employee Experience. Ovviamente, la maggior parte delle aziende che si rispettino fanno di tutto per garantire ad ogni dipendente un coinvolgimento pressoché totale in tutte la attività aziendali e in quella che è la cultura dell’azienda, in modo tale da far sì che egli possa esprimere tutto il suo potenziale incanalandolo nelle attività produttive. È proprio qui che l’ELC interviene, mappando questo percorso e evidenziando eventuali problematiche occorse al dipendente, le diverse opportunità di crescita rimaste ancora inespresse e il suo impatto emotivo su eventuali cambiamenti aziendali effettuati. Inoltre, il modello Employee Life Cycle mira anche a capire quanto effettivo impegno il dipendente metta nelle sue attività lavorative o quanto si senta coinvolto nel contesto aziendale. Insomma, l’ELC è una sorta di mappa che delinea il percorso di vita lavorativa del singolo dipendente, strumento utilissimo per la gestione delle risorse umane. Employee Life Cycle: il funzionamento e l’importanza di investirci Dietro al modello ELC vi è un principio molto semplice ma al contempo fondamentale: il bagaglio di esperienza costruito negli anni dal dipendente ha il medesimo valore di quello del cliente che si rivolge a tale azienda. Ciò vuol dire che avere la stessa cura per migliorare il più possibile l’Employee Experience di quella che si dimostra nel favorire la Customer Experience dei clienti maggiormente fidelizzati si traduce in un incredibile aumento delle possibilità che il dipendente possa sentirsi coccolato e apprezzato nel contesto lavorativo, autostrada a quattro corsie verso l’espressione del suo massimo potenziale. A cosa porta un modello ELC ben costruito? Sicuramente ad una drastica riduzione del turnover, dato che i talenti migliori di un’azienda saranno portati a non abbandonarla tanto facilmente ma a creare con essa un rapporto di lavoro ben saldo e duraturo. Inoltre, anche l’immagine stessa dell’azienda verrà migliorata, dato che il trattamento riservato ai dipendenti grazie all’Employee Life Cycle si distinguerà dai competitors e potrà spingere altri lavoratori ad unirsi al personale. Senza ombra di dubbio, costruire una reputazione che venga notata dal pubblico è un’operazione molto complessa e delicata: ecco perché i professionisti delle risorse umane iniziano a ricorrere all’Employee Life Cycle puntando dapprima sui talenti che sono già parte dell’organico aziendale. Più un dipendente è soddisfatto, maggiori saranno le possibilità che in futuro dimostrerà lealtà all’azienda: questo potrebbe rendere tale dipendente un promoter interno all’azienda, una risorsa in grado di richiamare altri talenti ad associarsi allo staff. Questo processo, a lungo andare, potrebbe rendere superfluo acquisire nuove risorse necessitanti di un periodo di formazione e di un più o meno lungo lasso di tempo prima di esprimere il loro potenziale: il talento si trova già in casa ed è pronto per essere utilizzato come una risorsa preziosissima. Le fasi della vita lavorativa di un dipendente Il modello dell’Employee Life Cycle considera la vita lavorativa di un dipendente come un insieme di 7 fasi ben delineate, ognuna delle quali prevede delle sessioni a cadenza regolare di feedback col dipendente, finalizzate ad acquisire informazioni sul suo grado di soddisfazione e sulla fedeltà all’azienda.Esaminiamo ciascuna fase in modo dettagliato e approfondito! Fase 1: Attraction Marketing La prima fase è quella dell’Attraction Marketing: di cosa si tratta? Sostanzialmente di un insieme di operazioni finalizzate a rendere il brand aziendale non solamente noto ai più, ma anche particolarmente attraente per altre risorse umane. La cosiddetta Brand Attraction, ossia il potere attrattivo dell’azienda in questione, è al giorno d’oggi un parametro fondamentale per richiamare i migliori talenti nel proprio personale. Configurarsi come un’azienda capace di elargire benefit al salario o extra ad ogni singolo dipendente è senza dubbio la chiave per costruire la giusta immagine dell’azienda al pubblico e per attirare i migliori talenti non ancora espressi. Fase 2: Assunzione La costruzione del marchio aziendale non passa solamente dalla Brand Attraction, ma anche dalle modalità di assunzione utilizzate. Integrare nel già esistente personale aziendale delle nuove risorse umane dovrebbe essere un processo studiato e pianificato nel minimo dettaglio, dal modo in cui si scrive l’annuncio di lavoro al metodo di pubblicazione scelto. In questo, la cura del proprio sito web ufficiale è una delle chiavi per attirare i migliori talenti verso la propria azienda. In linea generale, tutto ciò che abbiamo descritto finora prende il nome di Employee Value Proposition, un modello che descrive un lavoro stimolante per il dipendente, un marchio aziendale dall’enorme potere attrattivo, una ricompensa salariale dotata di extra e benefits, un personale qualificato ma amichevole e numerose opzioni per gli scatti in carriera. Fase 3: Inserimento in azienda La semplice assunzione di una nuova risorsa umana non basta: è fondamentale agevolare il più possibile il suo inserimento in azienda per fargli esprimere tutto il suo potenziale. Per questo, i professionisti delle risorse umane focalizzano la loro attenzione sui primissimi giorni del nuovo dipendente, sulle prime settimane o, a volte, sui primi 6 mesi di lavoro. L’inserimento e la formazione della nuova risorsa devono essere altamente efficaci: ciò è possibile solo se si accompagna il dipendente durante le sue prime settimane di lavoro fino a quando egli non abbia instaurato un certo rapporto di confidenza con gli attrezzi del mestiere e fino a che egli non abbia costruito delle relazioni interpersonali importanti con gli altri elementi dello staff. Fase

Cosa sono le competenze trasversali (e perché è importante che i dipendenti le possiedano)

Le competenze trasversali, meglio conosciute come soft skills, rappresentano un elemento fondamentale nella differenziazione in campo lavorativo dei dipendenti. Si tratta di competenze che possono influenzare il successo di lavoratori e imprese. La transizione verso il digitale, poi, ha reso ancora più evidente e determinante il ruolo delle competenze trasversali. Per le aziende, il percorso verso una completa digitalizzazione non passa solamente attraverso le tecnologie, ma necessita anche di capacità di negoziazione, di relazione e di guida. Quest’ultimi aspetti, infatti, sono ancora più determinanti, perché alla base della trasformazione digitale c’è quella culturale. Le soft skills, quindi, rappresentano la spinta verso la digital transformation e in questo articolo analizzeremo, nello specifico, le loro caratteristiche principali e l’importanza, per i dipendenti, di possedere tali abilità. Quali sono le peculiarità delle competenze trasversali? Le soft skills rappresentano un insieme di tratti che compongono la personalità di una persona. Se le competenze tecniche si basano sulle informazioni e le conoscenze che si acquisiscono nel corso degli anni al fine di eseguire e portare a termine compiti differenti, le abilità trasversali si riferiscono agli atteggiamenti e alle abitudini che una persona assume quando si trova di fronte a varie situazioni all’interno del luogo di lavoro. Le aziende, a tal proposito, hanno alte aspettative e pretendono che i loro dipendenti, o coloro che si candidano a esserlo, possiedano delle caratteristiche personali forti e radicate. Ciò permette ai datori di lavoro di limitare l’impiego di risorse interne da destinare alla formazione, mentre i dipendenti faranno meno fatica nell’adattarsi al nuovo contesto lavorativo. Perché e quanto sono determinanti le soft skills nel mondo del lavoro? Le soft skills consentono a chi si occupa di recruiting di comprendere quanto un nuovo candidato sia adatto alla posizione ricercata all’interno dell’azienda. In alcuni contesti lavorativi, le competenze trasversali superano, per importanza, anche le informazioni contenute all’interno del Curriculum Vitae, di una lettera di presentazione o l’esito di un colloquio. Una delle capacità che un’azienda ricerca maggiormente in una persona da assumere, e che fa parte delle abilità trasversali, è la comunicazione. Saper comunicare in maniera eccellente e con successo con gli altri membri del team aziendale e con i manager significa riuscire a dare il proprio apporto in maniera efficace, contribuendo in modo determinante al successo di una realtà aziendale e del suo business. Sono così importanti, che le soft skills vengono ormai regolarmente inserite all’interno degli annunci di lavoro pubblicati dalle aziende. I candidati, infatti, hanno ormai compreso come sia determinante aggiungere tali informazioni nel loro CV ed elencarle durante un colloquio. A parità di formazione e di esperienza, un candidato può fare la differenza dimostrando di possedere le competenze trasversali che un’azienda sta cercando. Il ruolo determinante delle competenze trasversali per i datori di lavoro: perché possono fare la differenza? In piena era di trasformazione digitale, i datori di lavoro sono coscienti dell’importanza e del vantaggio di avere nel loro team dei dipendenti che dimostrano di possedere capacità di gestione di condizioni particolarmente delicate e di alta pressione. Una persona con queste caratteristiche, infatti, tende ad adattarsi molto più velocemente e facilmente a tutte le condizioni di lavoro, rispetto al resto dei dipendenti. Questo aspetto, come si accennava in precedenza, determina anche un beneficio economico per il datore di lavoro. Le aziende, infatti, risparmiano tempo e denaro da dedicare alla formazione di un neo assunto. Le soft skills e il loro ruolo chiave nell’ambito lavorativo: quali sono quelle più importanti? Appurato che le abilità trasversali rappresentano un vantaggio determinante sia per aziende che dipendenti, è lecito chiedersi quali siano le soft skills più importanti, che ogni dipendente dovrebbe imparare a padroneggiare per migliorare il proprio ruolo all’interno del contesto lavorativo o per agevolare il successo di ricerca di occupazione. Fatta questa doverosa premessa, analizziamo nel dettaglio quelle che vengono considerate, all’unanimità, le soft skills più determinanti. Comunicazione Riuscire a comunicare in modo efficace fa la differenza, sia nella vita di tutti giorni che sul posto di lavoro, dove si affrontano situazioni sempre diverse tra loro. Questa competenza, poi, è determinante anche durante la fase di ricerca di un posto di lavoro. Per riuscire a migliorare questa soft skills, occorre padroneggiare al meglio l’ascolto attivo, la fiducia e la risoluzione dei conflitti. Risoluzione dei problemi Tale abilità è una delle più apprezzate dai datori di lavoro e consente di distinguere quei dipendenti che sanno mettere in campo, in modo rapido ed efficace, le loro competenze e le conoscenze. Per svilupparla bisogna saper gestire al meglio il rischio e migliorare l’abilità di ricerca. Creatività I dipendenti dotati di una grande creatività, riescono a trovare sempre modi alternativi per portare a termine un compito, sviluppando anche nuove soluzioni per l’azienda. Chi vuole accrescere questa competenza deve dare sfogo alla curiosità, aprire la mente e spingersi a imparare dagli altri. Adattabilità Il mondo attuale e la trasformazione digitale ci pongono di fronte a continue evoluzioni. Negli ultimi anni, le aziende di tutto il mondo hanno dovuto affrontare cambiamenti epocali e radicali. Riuscire a raggiungere il successo, in questi casi, richiede il supporto di dipendenti dotati di competenza di adattamento ai cambiamenti. Etica del lavoro Le aziende gradiscono sempre collaborare con lavoratori dotati di una spiccata etica del lavoro, che siano aperti a imparare e siano caratterizzati da motivazione. Saper svolgere i compiti assegnati in modo rapido ed efficace apre le porte alla creazione di un rapporto positivo con il datore di lavoro e con i colleghi, anche quando non si è raggiunto il massimo della competenza tecnica. Per sviluppare al meglio questa abilità trasversale bisogna stare attenti ai dettagli ed essere tenaci. Competenze trasversali e formazione continua: perché è importante incentivarla?Per incoraggiare i dipendenti a intraprendere un percorso di potenziamento o di apprendimento delle soft skills, gli incentivi assumono un ruolo determinante. Negli ultimi anni, moltissime imprese hanno implementato dei premi con l’obiettivo di spingere i dipendenti a investire ulteriormente nell’accrescimento delle soft skills. Ma questo approccio, da solo, non è sufficiente. Infatti, una riqualificazione efficace delle abilità trasversali necessita di

La riforma dello sport

Riforma dello sport, Ministri Abodi e Calderone: tutele, semplificazione e trasparenza le parole chiave dei correttivi Il Ministro per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, e il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Marina Calderone, co-proponenti, hanno presentato ai media il decreto correttivo che interviene sulla Riforma dello sport, in vigore dal 1° luglio 2023, approvato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri la scorsa settimana e che, come previsto, è stato trasmesso alle Camere e alle Conferenze, Unificata e Stato-Regioni, per l’acquisizione dei rispettivi pareri e intese per poi tornare in Consiglio dei Ministri per la seconda e definitiva lettura. Tutele, semplificazione e trasparenza sono le parole chiave che identificano il correttivo proposto ai decreti attuativi della delega contenuta nella Legge 86/2019 con l’obiettivo di portare migliorie ed innovazioni normative nel mondo dello sport, a iniziare dal lavoro sportivo di cui al D. lgs. 36/2021, con il riconoscimento delle dovute tutele a chi opera nel suo ambito, incluse tutele fondamentali come quelle relative alla maternità e alla malattia, in un quadro sostenibile per il mondo del dilettantismo. Diverse le novità, tra le quali si segnalano in particolare 1 – le semplificazioni degli adempimenti in materia di lavoro sportivo, con norme che disciplinano le comunicazioni al centro dell’impiego e la tenuta del libro unico del lavoro, da effettuare anche attraverso il registro nazionale delle attività sportive dilettantistiche le cui implementazioni saranno disciplinate nel pieno rispetto degli obblighi di legge con un decreto interministeriale da emanare entro il 1° luglio; tale registro potrà consentire ad associazioni e società sportive dilettantistiche di inserire, tramite interfaccia web, i dati dei collaboratori sportivi che saranno disponibili per tutti gli enti competenti; 2 – il registro verrà dotato di ulteriori funzioni: gli uffici dei due ministeri sono al lavoro per assicurare il rispetto dei tempi previsti per i primi adempimenti; 3 – le norme specifiche per i giudici di gara, per quali il rapporto di lavoro potrà essere attivato tramite convocazione o designazione dell’organismo sportivo; 4 – le norme specifiche per i dipendenti pubblici, con la previsione di un meccanismo di silenzio assenso per il rilascio dell’autorizzazione necessaria per lo svolgimento dell’attività sportiva retribuita (extra orario di lavoro), mentre, in caso di attività non retribuita, sarà sufficiente una comunicazione al datore di lavoro; 5 – la maggiore flessibilità nella individuazione del tipo di rapporto da instaurare nel lavoro sportivo dilettantistico, con l’innalzamento a 24 ore settimanali del limite previsto per mantenere la presunzione di lavoro autonomo; 6 – il sostegno al mondo paralimpico, con l’introduzione di una nuova disciplina che consente agli appartenenti al club paralimpico di partecipare a competizioni e ad allenamenti con un permesso speciale retribuito, senza richiedere quindi ferie e conservando il posto di lavoro con rimborso degli oneri sostenuti dal datore di lavoro; 7 – l’abbassamento a 14 anni dell’età minima per l’apprendistato per l’istruzione secondaria sia nel professionismo, sia nel dilettantismo; 8 – l’intervento in tema di Irap con la previsione, per il mondo del dilettantismo, che non concorrono a determinarne la base imponibile i corrispettivi fino a 85mila euro; 9 – la previsione di un Osservatorio nazionale sul lavoro sportivo, da istituire di concerto con il Ministero del Lavoro, con compiti di promozione di iniziative di monitoraggio e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.