Rimborsi spese: cosa sono e come funzionano

Da un punto di vista prettamente tecnico si parla di rimborsi spese quando c’è un ulteriore contributo di natura economica messo a disposizione in busta paga dal datore di lavoro a un proprio dipendente per una trasferta oppure per altre spese che lo stesso lavoratore ha dovuto sostenere per espletare l’attività.

Sono previste tre diverse tipologie di rimborso spese in particolare quella analitica, forfettaria e mista. La scelta della tipologia è a totale discrezione dell’azienda.

In funzione di questo, c’è anche da tenere conto di una specifica tassazione e della possibilità di portare in deduzione i costi. Per potersi occupare al meglio del bilancio di un’attività d’impresa, è dunque indispensabile conoscere nei minimi dettagli tutto quello che riguarda i rimborsi spesa e il loro funzionamento. Infatti, essendo dei costi, necessariamente andranno a incidere sul bilancio mensile e su quello annuale di una azienda.

Ci sono delle questioni di natura normativa che devono essere rispettate e l’erogazione deve avvenire in determinate condizioni soprattutto se ci sono lavoratori che svolgono la propria attività normalmente al di fuori della sede aziendale.

Come funzionano i rimborsi spese

Per gestire correttamente i rimborsi spese, è indispensabile capirne il funzionamento. Parliamo di un qualcosa che è legato all’attività lavorativa che il dipendente gestisce al di fuori della sede aziendale o, per meglio dire, in trasferta.

Semplicemente si parla di trasferta quando il lavoratore svolge l’attività professionale al di fuori della sede naturale. Non a caso quando si sottoscrive un contratto di lavoro con un’azienda, tra le varie questioni tecniche ed economiche riportate c’è anche la definizione in maniera precisa della sede lavorativa.

In base all’indirizzo vengono considerate trasferte tutte quelle attività che vengono effettuate al di fuori di tale sede. Può succedere anche che nel contratto non venga riportata la sede soprattutto se si svolge un ruolo che prevede l’esigenza di doversi recare in diverse sedi come quello dell’amministratore.

In questo caso per stabilire se un dipendente ha diritto o meno a un rimborso spese, è necessario far riferimento al domicilio fiscale dell’azienda. In base a questo indirizzo viene calcolata la trasferta e quindi il rimborso.

Le spese che possono essere rimborsate

Siccome si parla di rimborso, è previsto che il dipendente sostenga delle spese durante l’espletamento dell’attività al di fuori della sede aziendale e che queste poi vengono elargite dall’azienda stessa attraverso la busta paga.

Tuttavia, c’è una disciplina che regola le tipologie di spese che possono essere rimborsate e che sono quindi attinenti all’attività. Parliamo di una compensazione economica a favore del dipendente che può essere prevista soltanto se ci sono delle specifiche esigenze.

In particolare, il rimborso è previsto per i costi sostenuti per il carburante, per trovare e godere di una sistemazione che permetta vitto e alloggio. Poi ci sono i pedaggi autostradali ed eventualmente anche il noleggio dei veicoli che nella stragrande maggioranza dei casi viene presa in considerazione da un’azienda a meno che non si disponga di un veicolo aziendale.

Possono essere contemplate anche spese necessarie per la gestione dell’utilizzo del veicolo ma anche per acquisti che vengono effettuati in trasferta e sempre collegabili all’attività che si sta svolgendo.

Insomma, una situazione che può differire da caso a caso ed è per questo che non c’è stata una standardizzazione dei rimborsi spesa soprattutto per quanto concerne il tetto massimo che per legge non c’è. Chiaramente un’azienda non può permettersi di effettuare spese illimitate ma deve comunque fissare un budget da mettere a disposizione al proprio dipendente per non sforare determinati paletti.

Le differenze tra le varie tipologie di rimborso spese

Ci sono diverse questioni da affrontare che riguardano il rimborso spese e che lo rendono meno banale di quanto si possa pensare. Essendo un’aggiunta allo stipendio, c’è un surplus sulla busta paga che risulterà più alta. Ma come si gestisce il tutto da un punto di vista fiscale?

In primo luogo, bisogna distinguere tra due situazioni. La prima riguarda i rimborsi per le trasferte che vengono effettuate all’interno del territorio comunale e la seconda rispetto alle trasferte al di fuori della zona comunale.

Nel primo caso le spese rimborsate contribuiranno ai fini fiscali a fare cumulo sul reddito imponibile per cui bisognerà dichiararle e pagare le relative tasse.

Invece, quando si tratta di rimborsi che sono stati previsti per l’attività che viene effettuata al di fuori dal territorio comunale, queste sono esenti fiscalmente entro determinati limiti. L’impresa può scegliere tra diverse soluzioni per gestire il rimborso e in particolare pensare al rimborso spese analitico, a quello forfettario oppure al sistema misto.

Il rimborso spese analitico

È un sistema molto utilizzato perché si basa semplicemente sul concetto che per ottenere il rimborso, il dipendente deve presentare dei documenti fiscali che attestino la spesa sostenuta.

Nel caso specifico deve compilare la nota spese per riportare i vari esborsi e soprattutto le causali. Per giustificare le spese, possono essere allegate le fatture elettroniche intestate al lavoratore oppure all’azienda, le ricevute che fanno riferimento alle spese sostenute per il vitto e l’alloggio oppure i biglietti per utilizzare trasporti pubblici.

Naturalmente rientra nella documentazione anche lo scontrino, le ricevute per il carburante ma anche pedaggi autostradali e altre tipologie di documenti fiscali che sono collegati ai costi sostenuti per espletare l’attività.

Le aziende scelgono spesso questo sistema perché gli importi non sono imponibili. Infatti, come abbiamo detto, tutte le spese effettuate per spostarsi al di fuori del comune in cui ha sede l’azienda e per il vitto e l’alloggio, per tante altre persone non fanno cumulo in termini di reddito imponibile.

Se invece si tratta di spese non documentate, allora il rimborso è ugualmente previsto con un limite giornaliero di deduzione fiscale che attualmente è di 15,49 euro per le trasferte all’interno del territorio nazionale e di 25,82 euro per quelle al di fuori dei confini italiani.

Il sistema forfettario

Come si può facilmente evincere dal nome, si tratta di un pagamento che il datore di lavoro effettua attraverso una somma a forfait che viene pattuita prima della trasferta.

Il calcolo viene effettuato giornalmente e viene spesso preso in considerazione nelle aziende perché permette di fissare un budget e di non sforare mai i costi. Sarà poi compito del dipendente riuscire a gestire il tutto con le disponibilità economiche concesse. Il tutto viene regolato dall’art 51 del TUIR.

Non è necessario occuparsi della compilazione della nota spese e non bisognerà dimostrare i costi attraverso le fatture elettroniche oppure cartacee se non quelle relative alle spese di viaggio di trasporto che verranno aggiunte all’indennità. Dal punto di vista fiscale, il lavoratore può godere di un importo esentasse con il sistema forfettario pari a 46,48 euro al giorno per le trasferte fuori dal territorio comunale ma all’interno di quello nazionale. Questo limite si amplia a 77,46 per le trasferte all’estero.

Invece con il rimborso spese misto, ci sarà una parte forfettaria che si andrà a aggiungere a poi al sistema di rimborso analitico. Dunque, anche dal punto di vista fiscale ci sarà una gestione che è un po’ una via di mezzo per cui la parte forfettaria viene gestita con le norme previste per il sistema forfettario mentre quella con rimborso analitico con le relative regole di deduzione.

Ulteriori questioni

Devono essere poi fatte delle ulteriori valutazioni sul rimborso spese. In particolare, è possibile prevedere il rimborso spese chilometrico. Si applica per le trasferte in cui viene utilizzato un veicolo e varia in funzione dei chilometri percorsi. Da sottolineare che all’interno del territorio comunale contribuiranno a formare il reddito imponibile mentre per le trasferte al di fuori del comune sarà esente al 100%.

L’azienda dal proprio canto, secondo quanto stabilito dall’articolo numero 95 del DPR 917 del 1986, può ottenere la deducibilità dei costi se il dipendente utilizza una vettura che abbia al massimo 17 cavalli oppure non superiore ai 20 per quanto riguarda i motori diesel o in alternativa decide di noleggiare un mezzo di trasporto con le stesse caratteristiche tecniche. Poi c’è la questione smart working. Tutte le spese che il dipendente fa per espletare l’attività e che vengono accertate con relativa documentazione non concorrono alla determinazione del reddito e quindi non sono imponibili. Inoltre, gli importi che vengono acquisiti dal dipendente sulla busta paga con il sistema di rimborso spese analitico sono esenti. Lo stesso vale per le aziende che potranno dedurre le spese al 100%.

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